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Usi e abusi

Le persone tossicodipendenti come vittime di reati

La legge penale, dal punto di vista sostanziale e da quello processuale, non tralascia di prendere in considerazione il soggetto passivo di reato: la vittima. Ciò avviene sotto diversi profili: riguardo alla prova dell’esistenza stessa del reato, della sua dinamica, della sua gravità e non ultimo la tutela stessa che ne discende.

Lo studio quindi della figura della vittima, del suo modo di atteggiarsi nel rapporto passivo dell’autore di reato ha quindi una notevole rilevanza processuale, criminologica e psicologica. Ma è solo negli ultimi decenni che si è realizzato uno studio sistematico che da una prospettiva interdisciplinare prende come oggetto di studio la vittima in se, le sue caratteristiche e la sua personalità anche in rapporto alla relazione psicologica e ambientale con l’autore di reato, anche al fine di meglio comprendere il suo eventuale intervento nella dinamica del reato. Tale approccio scientifico ha portato alla individuazione di una nuova branca applicativa nell’ambito delle discipline sociali e della criminologia in particolare, la vittimologia, disciplina che ha come oggetto di studio le caratteristiche personologiche della vittima, le sue relazioni con il soggetto agente e il ruolo giocato nella dinamica favorente e/o scatenante il fatto delittuoso . Si tratta di un’interessante prospettiva che consente di individuare sia la reale pericolosità e responsabilità del delinquente, sia i mezzi più adeguati di prevenzione della dinamica vittimogena. Segnaliamo, a puro titolo di esempio, alcune delle predisposizioni che tenere presenti aquesto proposito.

Età
Si pensi ai reati di pedofilia commessi contro i minori derivanti da una condizione di perversione o alle persone anziane con uno stato di debolezza fisica e di indebolimento mentale che può indurre a sentimenti di abbandono e di rassegnazione;

Sesso
Alcuni reati, tra cui uxoricidio, ratto a fine di matrimonio e la maggior parte dei reati sessuali, presuppongono che la vittima più esposta sia la donna. Gli studi sull’omicidio hanno invece dimostrato un maggior numero di vittime di sesso maschile.

Stato fisico della persona
E’ evidente che un soggetto fisicamente meno dotato del proprio aggressore difficilmente saprà resistergli. Entrano in gioco tutte quelle condizioni, non solo costituzionali, che possono facilitare la predisposizione vittimogena. Si pensi ad esempio allo stato di debolezza indotto da una malattia, o da un’attività particolarmente gravosa, si pensi a quanto siano ridotte la percezione del pericolo e la prontezza di riflessi in seguito all’abuso di bevande alcooliche o di sostanze stupefacenti. L’individuo, inoltre, può essere impossibilitato a difendersi se aggredito durante il sonno o in tutti gli stati di semi-incoscienza.

Professione
Un’interessante studio dello psichiatra francese D’Ancqueville del 1933 aveva fatto rilevare come ogni anno in Francia, negli anni in cui scriveva, da 3 a 7 medici venissero assassinati o aggrediti gravemente da individui alterati dal punto di vista mentale: si trattava di paranoici che aggredivano psichiatri vissuti come persecutori o di altri soggetti particolarmente disturbati che assalivano chirurghi che li avevano operati senza la loro volontà. Un evidente fattore di rischio vittimogeno è attribuito a chi esercita la prostituzione, nei cui confronti è particolarmente frequente la commissione di rapine, violenza e spesso omicidi da parte di soggetti psicopatici.

Condizioni economiche e finanziarie del soggetto
Alcuni indicatori di status sociale sembra che orientino la scelta della vittima da parte del reo. Alcune osservazioni possono riguardare i soggetti dediti al gioco d’azzardo patologico e la predisposizione a divenire potenziali vittime di usura di denaro.

Caratteristiche psicologiche
Queste riguardano prevalentemente le deviazioni sessuali, ma soprattutto l’omosessualità. Sembra infatti che l’omosessuale che si trova nella situazione di dovere nascondere la propria condizione e si preclude pertanto l’aiuto degli altri, possa divenire spesso vittima di estorsione o di rapina. Si deve aggiungere fra l’altro che può essere costretto a frequentare ambienti ove la criminalità è particolarmente diffusa, dove si vive di prostituzione e di ricatto.

Molte di queste condizioni rendono particolarmente elevato il numero oscuro delle vittime, cioè il numero delle vittime non conosciute per essere state oggetto di reati non denunciati e dunque non perseguiti.

L’associazione droga-criminalità è stata oggetto di numerose ricerche a livello internazionale per cui sembra ormai ragionevole concludere che un certo grado di relazione tra droga e criminalità esista. Il problema ancora da risolvere, soprattutto dal punto di vista metodologico, è uno studio longitudinale di una popolazione generale in cui esista traccia dall’inizio del comportamento tossicodipendente o di quello criminale. Nella situazione attuale è oltremodo interessante allargare i confini di un eventuale lavoro anche a forme più specifiche, tra cui la criminalità contro i tossicodipendenti, ovvero a tutte quelle forme di reati, di violenze, di abusi commessi ai danni di coloro che abusano della droga. Di questa categoria vittimologica sarebbe interessante osservare i vari tipi di reati (maltrattamenti, abusi sessuali, lesioni ecc.) dei quali peraltro non c’è percezione, semplicemente perché il tossicodipendente non li denuncia o perché “vengono rimossi dalla coscienza collettiva” come se l’uso di droga connotasse di per sé la persona come autrice e non come vittima di reato.

Alcune ipotesi possono così sintetizzarsi:
il soggetto tossicodipendente ha una predisposizione vittimogena per alcuni tipi di reati? Se sì, quali?
quali possono essere i criteri di vulnerabilità tra i consumatori di droghe a divenire soggetti passivi o attivi di reati?
e’ possibile individuare una mappatura del fenomeno vittimogeno “sommerso” fra alcune categorie a rischio (tossicodipendenti, alcooldipendenti, immigrati, prostitute)
ci sono dati ufficiali a livello nazionale e locale su questo fenomeno?
quale può essere, ammesso che esista, il continuum tra vittima ed autori di reato nell’ambito delle (tossico)dipendenze.
Anche l’alcool ha una relazione diretta con la “soglia di vulnerabilità vittimologica” in alcuni tipi di reati.
Alcuni studi di medicina legale hanno dimostrato che su 200 casi di vittime di omicidio il 20% aveva abusato di alcool. Alti sono anche i tassi di alcoolemia negli infortuni industriali (24%) negli incidenti automobilistici (46%) e nei suicidi.
Nei reati sessuali l’abuso di alcool svolge un ruolo importante come fattore vittimogeno: il 63 % su 200 casi di violenza sessuale hanno dimostrato la presenza di alcool sia nelle vittime che nell’aggressore, quale “agevolatore” del supposto consenso tacito a rapporti sessuali. E’ stata inoltre osservata, nei casi di abuso sessuale o nel mantenimento dell’abuso, una possibile correlazione tra abuso di droga e separazione/divorzio .
Altrettanto interessante appare lo studio delle tossicomanie come conseguenze a lungo termine della vittimizzazione . Si pensi ad esempio all’alta prevalenza di abusi sessuali in età infantile rilevata da vari autori in pazienti tossicodipendenti, o alle tossicomanie come conseguenze di molestie morali sul luogo di lavoro.

Note bibliografiche
G. Gulotta Famiglia e violenza Giuffrè Mi 1984
G. Gulotta Vagaggini, Dalla parte della vittima, Giuffrè Milano 1980
G. Gulotta Trattato di psicologia giudiziaria Giuffrè Milano 1987
Merzagora L’incesto Giuffrè Milano 1986
L. De Fazio La Tossicodipendenza femminile in Italia: specificità ed autonomia del tema in Rassegna Italiana di Criminologia n.1/ 2000
Zerbi Schwaartz I. I traumi abusivi e incestuosi, Gli argonauti n.84/2000.

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